Ripartire dal Bene Comune
Nessuno fa caso o ricorda o sa che Repubblica deriva da "Res Publica”, il cui significato letterale è “la Cosa di Tutti”, buona o cattiva che sia. È una forma di governo in cui tutti i membri di una comunità sono chiamati a partecipare, determinando in pratica il loro destino.
Le primitive forme di partecipazione comune del potere erano perlopiù scaturite dalla necessità di adattarsi all'ambiente naturale. La presenza dell’acqua, ma anche la sua assenza, o una foresta o montagne invalicabili erano talmente preponderanti nel destino delle genti, fossero potenti o comuni cittadini, da obbligare tutti (e tutti insieme) a trovare soluzioni, difendersene o utilizzare quegli elementi trasformandoli in risorse. Non a caso nascono le Repubbliche Marinare, città stato affacciate al mare, la Repubblica dei Sette Paesi Bassi Uniti, obbligati a fare i conti con l'Oceano o, nei fiordi del profondo nord, i “Thing” (assemblee), le strutture organizzate dei clan vichinghi. Venezia sarà Repubblica più d'ogni altra, perché città non di terraferma, bensì sorta nell’acqua e sviluppatasi nel mare.
Nell’intendimento di uomini di governo virtuosi e capaci, eletti dal popolo, e nelle attese degli stessi cittadini che li hanno votati, la Res Publica, la Cosa di Tutti, implica il concetto di Destino Comune (ben esemplificato dal detto “siamo sulla stessa barca”), ma è soprattutto sinonimo del Bene Comune. Chi governa deve difendere, proteggere, aiutare, amare il proprio popolo con tutte le sue forze, utilizzando in modo sostenibile le risorse umane e naturali a disposizione.
Le Ville Venete, i domini de tera che si aggiungono a quelli da mar, sono un perfetto esempio di gestione repubblicana del potere. Anzi, sono la rappresentazione utopica di una società perfetta, un'ideale armonica simbiosi tra l’uomo e le sue necessità e la natura che lo circonda. Le Ville, sappiamo, sorgono come centri propulsori di economia agricola e artigianale, dove l’acqua rimane protagonista: alle lagune e al mare si sostituisce la terra e, con essa, i fiumi definiti “energia pulita, rinnovabile, a basso costo”, capace cioè di produrre ricchezza, cibo per tutti, servizi, come il trasporto, la manifattura, l’irrigazione. È la Res Publica. Le Ville sono grandi navi ormeggiate, e qui, come in mare, il destino è comune, perché legato alla conoscenza della terra (anziché delle correnti marine), delle stagioni (anziché dei venti dominanti), dell’immensità della flora e della fauna (anziché della cultura di popoli diversi). Dunque il “viaggio” è affidato all’abilità non più di nocchieri, ma di profondi conoscitori dei processi naturali. Se va bene o se va male, vale per tutti.
Che civiltà esprime, oggi, l'Italia? C’è ancora chi ci chiama mafiosi e del resto, calcio a parte, la Rossa e Rossi Valentino, chiedo: dobbiamo sempre riandare alle radici profonde della storia della Penisola per provare l’orgoglio di essere italiani? Roma antica, il Rinascimento, il genio di Leonardo, Dante Alighieri, la Repubblica Veneta... Tanta roba e ci sta, ma adesso? La moda, il design, il cibo, il turismo, la creatività in generale: c’è ancora quel certo Geniaccio che riluce in ogni campo, arte, artigianato, industria, ricerca, ma se nessuno l’affianca, intendo la politica, il Geniaccio s’arrabatta, tira a campare o, se può, fugge altrove.
La nostra è una Repubblica giovane. Il "cittadino-bebé” d’Italia, alle prime armi nel cimento dell’unità repubblicana (sono solo 76 anni), intelligente quanto ingenuo, geniale quanto ignorante, abile quanto pataccaro, pio quanto bestemmiatore, nella crescente consapevolezza di appartenere a un grande Paese, pur spesso tradito e deluso, è anche cresciuto. Lo è per davvero? L’Italia è un Paese come nessun altro, meraviglioso e capace: non può più accontentarsi d’essere bello e dannato.
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