La Villa Veneta ha due parchi: il parco nobile, perlopiù all’italiana e all’inglese, ludico, artistico, simbolico, fatto di siepi geometriche, piante secolari, essenze esotiche belle e stupefacenti, buone per nutrire lo spirito; e il parco rustico, i campi coltivati, le vigne, i frutteti, l'orto antico (chiamato Brolo), tutto ben ordinato, pratico, fatto di piante autoctone buone per nutrire il corpo. Statico ed estetizzante il primo (e anche un po’ noioso, ocio qua, ocio là), variabile e avventuroso l’altro (prediletto dai bambini). I due parchi della Villa sono il suo corollario, in costante dialogo con la dimora intorno alla quale sono sorti.
Il giardino nobile serviva a ben poco ai tempi della Serenissima e dunque non c’era o era piuttosto rarefatto. Pochissime le Ville Venete con un giardino “ludico” antico di una qualche importanza. Piuttosto venivano messi in risalto i ninfei, le peschiere, le ghiacciaie, le limonaie ed era il Brolo quello cui si rivolgeva la massima cura; e poi gli alberi dello Stradon, la prospettiva frontale, le siepi frangivento a protezione delle colture, le carpinaie dei roccoli di caccia e i sieponi a confine dei campi, ricchi di avifauna e insetti utili.
I giardini “ludici” sono interessanti, a volte geniali; ma è il parco rustico che appartiene alla stagione formidabile e senza precedenti della Repubblica Veneta: la Santa Agricoltura di Alvise Cornaro e la Pax Venetiana. Quell’idea del Giardino di Tutti, la Villa che fornisce alimento (la parola antica Villa significa campagna), darà vita all’agricoltura moderna, ai parchi urbani (oggi anche orti urbani) e ai grandi parchi naturali e protetti.
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