Il rio, il lago, zattere, piroghe e malanni

05 Agosto 2021

Te vedarà to nono! Stavolta te e ciapi… La Emma sorrideva come sempre con quelle due fessure al posto degli occhi, zigomi alti e rugosi, le labbra strette che lasciavano però intravvedere i denti neri e andati, ma la voce era severa, arrabbiata. Go ciapà paroe, il nonno l’aveva aspramente rimproverata. Per non aver vigilato. Per colpa mia.
 
In Agosto, la villa affollata di parenti, avevo costruito una zattera e l’avevo varata sul Piovensan, il piccolo fiume dietro casa. Ma dove il rio s’allargava a mo’ di peschiera tra la strada arginata di accesso alla Villa e il muro della cantina, già prima di giungere agli archi del ponte, il Kon-Tiki dei nostri sogni, con noi sopra, si arenava sulle alghe verdi e fluttuanti nella corrente. Quel legno pescava troppo e dovevo scendere nell'acqua bassa e trascinarlo a riva. 
Così avevo progettato un’altra imbarcazione: una vecchia mastea (mastello) trovata rovesciata a margine del cortile, perfetta per fungere da pozzetto, un bidoncino di latta davanti e uno più grande dietro al mastello, il tutto tenuto insieme da due scorzoni di pioppo ben serrati col fil di ferro ai lati, a prua e a poppa formavano una magnifica piroga. Da varare questa volta nell’acqua alta del lago in giardino. Tutto a meraviglia: ero il capobanda della ciurma di fratelli, cugini e amichetti vari e con l’aiuto di tutti e un bastone lungo per spingere sul fondo, presi traballante il largo verso l’isolotto del lago. A metà percorso il naufragio: l’instabile barcarizzo si capovolse e io ovviamente a mollo. Riemersi con l’acqua poco sopra la cintola e tornai a riva camminando sul fondo fangoso del laghetto tra lo spavento iniziale, le grida e le risate mie e dei più piccoli. La canoa rimase a galleggiare panza all’aria e, sospinta dalla brezza pomeridiana agostana, andò alla deriva fino alla sponda opposta.
 
Un bagno estivo, calzoncini, mutande e maglietta da cambiare (i sandali erano rimasti a terra) era tollerabile in casa, mia madre quasi non ci fece caso e mio padre si fece una risata.
Ma il guasto si manifestò qualche ora dopo: la mastea di legno non era affatto vecchia, era dell’Imelda, la nostra meravigliosa custode e le era indispensabile per i quotidiani bucati della sua numerosa prole, ma fin qui poco male, il secchio riprese la sua funzione originaria. Ma i bidoni di latta scovati vuoti e abbandonati nel revetene (il magazzino delle robe vecchie), riempiti d'acqua per testarne la tenuta, quindi svuotati nel cortile dove razzolavano galline, anatre, tacchini e faraone, infine tappati con dei torsoli di pannocchia per renderli inaffondabili, quei bidoni in realtà contenevano un fondo mefitico e mortale di prodotto chimico usato dai contadini in piccole dosi allungate con l’acqua per irrorare le piante da frutto del Brolo e sterminarne i parassiti. L’effetto di quella sciacquatura fu devastante: morirono avvelenati un bel numero di pennuti, il cui accudimento era affidato alla povera e incolpevole Emma per la gioia della tavola del nonno e dei suoi ospiti estivi. Addio galantine sontuose, anatre arroste, bolliti in salsa pearà,  pollo in squaquaciò (in umido) e via dicendo. Ma non basta: la piroga rovesciata nel lago sparse il suo liquido di morte e decine di pesci rossi e carpe galleggiavano riversi.
Il nonno mi mise al bando: non volle vedermi né rivolgermi la parola per un bel pezzo. 

Si era agli albori dell’uso della chimica in campagna, un tempo in cui noi bambini ci rincorrevamo con la pompetta del flit (DDT allo stato puro - proprio quello della canzoncina Copa la vecia col flit) usato tranquillamente in casa per far fuori le zanzare, e ce lo spruzzavamo più o meno in faccia. Sessant’anni fa. Adesso è molto peggio: nel Rio Piovensan non ci sono più pesci, temoli, trote, spinarelli, marsoni, né alghe nella corrente. Settimanalmente l’acqua limpidissima del fontanazzo che dà origine al piccolo fiume di risorgiva si colora di marrone, grigio, bianco… Soprattutto accade nei giorni di festa o quando fa brutto tempo, così che meno persone possono vedere e testimoniare l’inciviltà del gesto criminale e irresponsabile: l’immissione di veleni nell'acqua.
E le autorità preposte a far rispettare le leggi? Dove sono finite?

Carbonera, le cui famiglie si approvvigionano d’acqua direttamente dal sottosuolo - tutti hanno un pozzo in casa -, comune sito tra il Parco del Sile e il Parco dello Storga e che possiede un’area chiamata Fontane Bianche, ha la fortuna d’essere irrorata da deliziosi rii di risorgiva: il Piovensan, il Rul, il Mignagola, il Musestre, un patrimonio straordinario, un bene comune su cui vigilare. Villa Tiepolo Passi riceve ospiti da tutto il mondo che s’affacciano al Rio Piovensan e inorridiscono nel constatarne l'incuria. Che pessima figura! Non c’è più tempo, come scrive Papa Francesco nella sua enciclica Laudato Sì: l’ambiente in cui viviamo va accudito e preservato, ognuno di noi ne è responsabile.
Quando l’acqua dei piccoli rii tornerà limpida il mondo sarà diventato migliore.

Copyright © Alberto Passi, tutti i diritti riservati
Il rio, il lago, zattere, piroghe e malanni

Potrebbe interessarti