Con i Santi apostoli, martiri e confessori e tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo si commemorano, il giorno dopo, i cari estinti, nel ricordo del loro lascito, di quanto di buono ci hanno tramandato. La data dei Santi e dei Morti si consolida nella seconda metà del primo millennio e affonda le radici nella tradizione delle chiese d’oriente, nelle feste idolatriche romane degli imperatori, nei culti di provenienza celtico-pagana. Nella tradizione cristiana la vita conchiude, con la morte, il suo senso d’essere, trasformandosi in nuova vita ultraterrena; ma potremmo anche dire che nulla si crea e nulla si distrugge e si spazia nelle visioni filosofiche degli antichi e dei moderni, tra miti e riti.
Insomma, Ognissanti e i Morti, per tutti, credenti e no, induce a una pausa di riflessione, all'introspezione interiore, una catarsi. Cui si lega, e ci sta, la leggerezza, tutta umana, degli scongiuri (rosari sì, ma anche corna, amuleti e toccatine), la ritrovata, allegra convivialità dell’autunno (speo - spiedo -, castagne, favette e mosti - a trovarli), il gossip postumo legato a certe vicende dei trapassati (si sussurra, si perdona, si sorride bonariamente), la scaramanzia contro il male, l’horror per una volta affidato ai più piccoli che, nelle vesti dell’orco, del diavolo, con la scherzosa minaccia "trick or treat”, dolcetto o scherzetto, cominciano a capire. Un rito iniziatico e una consolazione per i grandi che nella progenie beffarda vedono il futuro…
Ecco, il futuro in realtà è nebuloso, a volte sembra smarrito: allora è interessante fermarsi un attimo guardando alla vita dei santi, basterebbe anche al solo Francesco, ripiegarsi di tanto in tanto nell'intimo ricordo dei propri cari scomparsi, e dedicarsi all’insegnamento dei piccoli anche con le favole che contemplano la vita intera, il bene e il male, l’amore e il pericolo, la gioia e la paura, il sogno e la perseveranza.
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